Dott.ssa Maddalena Di Rosa
L’orientamento ha
assunto un ruolo importante nella società attuale. Il compito dell’educatore è
orientare verso scelte che siano coerenti con le proprie potenzialità e
ambizioni. In questo contesto è fondamentale un approccio transdisciplinare.
Uno dei maggiori problemi è che le istituzioni esistenti non riescono a formare
dei soggetti che siano in grado di sviluppare un tipo di pensiero critico.
Orientarsi vuol dire avere la capacità di sviluppare diverse ipotesi
all’interno di una realtà complessa. La costruzione della consapevolezza e
della responsabilità sono qualità necessarie per guidare le proprie azioni. Il
lavoro educativo si concentra sulla formazione alla consapevolezza di sé e alla
responsabilità culturale per la costruzione di identità critiche. L’identità
personale presuppone il cambiamento, anche se l’ignoto può spaventare a primo
impatto.
Il modo di
interpretare la realtà è legato essenzialmente alla cultura di appartenenza. La
crisi della società attuale dipende dall’incertezza che scaturisce dal
cambiamento. La percezione della sicurezza si fonda sull’espressione della
fiducia. Ad esempio un bambino sviluppa fiducia in se stesso nel momento in cui
si stabilisce con i genitori un rapporto stabile. La fiducia implica reciprocità
di esperienze. L’opposto della fiducia è l’angoscia o paura dell’esistenziale.
Il rapporto con la parentela rappresenta il primo grande luogo dove
costruire la fiducia. Un altro contesto importante è il rapporto con la
comunità locale, anche se non sempre i rapporti sociali avvengono in
presenza (es. telefono, internet). Altro punto di riferimento è la religione:
a prescindere dal tipo di fede, l’idea di avere degli enti superiori che
governano il mondo infonde sicurezza. Il rapporto con la tradizione pone
le basi per l’organizzazione e la costruzione del futuro. Abbiamo poi la
fiducia nei sistemi esperti (ascensore, palazzo). La sicurezza
ontologica consente di costruire un percorso di vita orientato alla
fiducia.
Altra questione
che riguarda gli effetti della crisi è la deriva del senso. È necessario
ricordare che le cose hanno senso in base al valore che gli uomini gli danno.
Gli uomini imparano a dare un senso a ciò che li circonda. I bambini
costruiscono il significato attraverso il linguaggio; ciò implica tre passaggi:
1)il linguaggio viene acquisito attraverso l’uso; 2)i bambini prima di
esprimersi attraverso il linguaggio verbale si esprimono attraverso movenze e
gesti; 3)il bambino riesce ad esprimersi perché collega alle parole il
rispettivo significato. La vita sociale rappresenta sicuramente la base per la
costruzione di significato. La frantumazione delle relazioni sociali
fondamentali produce disorientamento.
Secondo Bauman, le
comunità a cui le identità fanno riferimento possono essere di due tipi. Ci
sono comunità di vita e di destino i cui membri vivono insieme in
attaccamento indissolubile e comunità saldate insieme unicamente da idee o
vari principi. Il problema della crisi dell’identità emerge esclusivamente
in relazione a comunità del secondo tipo, poiché le idee che le costituiscono
sono molteplici e plurali: è proprio perché ci sono così tante idee e principi
che si devono fare paragoni, fare scelte, rivedere le scelte fatte in altre
occasioni.
In epoca premoderna l’identità è connessa
all’appartenenza di un ceto (es. contadino figlio di contadino ecc). In questa
condizione sociale l’identità non è un problema dal momento che non vi è
scelta.
In epoca moderna le classi sostituiscono i
ceti. La classe non si guadagna per diritto di nascita ma bisogna
guadagnarsela.
In epoca postmoderna l’identità diviene
ricerca, le identità si disperdono nella complessità che porta a vivere
situazioni di incertezza. Domandarsi chi siamo ha senso solo se siamo
consapevoli di poter diventare altro.
Le persone spesso
ritengono che i propri modelli di interpretazione della realtà siano gli unici
possibili, confondendo la rappresentazione con la realtà oggettiva. L’esistenza
dell’ignoto fa nascere negli uomini un senso di insicurezza. Nel corso del
Novecento il modello della conoscenza oggettiva entra in crisi e viene
sostituito dal modello della complessità. La conoscenza è sempre determinata
dal rapporto del soggetto col proprio linguaggio, la propria cultura, il
proprio ambiente, il proprio contesto storico.
La pedagogia è un
sapere non lineare che tentando di chiarire gli scenari educativi legati ad un
determinato contesto. Ciò che forma l’individuo tramite il cambiamento è
l’esperienza cognitiva, affettiva, sociale e culturale. La realtà è complessa e
piena di contraddizioni; per questo motivo occorre trovare il modo di far
interagire diversi saperi all’interno di una nuova prospettiva. Esistono
diversi approcci che riguardano il dialogo tra le diverse discipline:
la pluridisciplinarità riguarda più letture
disciplinari per ogni problema;
la metadisciplinarità si riferisce
all’esercizio di una riflessione sulle stesse discipline e serve a trovare gli
elementi comuni;
la transdisciplinarità riguarda la lettura
di più discipline da un punto di vista critico al fine di entrare in rapporto
tra loro modificando il proprio modo di vedere la realtà.
Mettendo a
confronto questi tre approcci si può capire che la transdisciplinarità è
l’approccio epistemologico più coerente perché tocca tutti i saperi. Le
caratteristiche principali a cui la transdisciplinarità fa riferimento sono: il
rigore dell’argomentazione che tiene conto di tutti i dati; l’apertura
comporta l’accettazione dell’ignoto, dell’inatteso; la tolleranza è il
riconoscimento del diritto a professare idee e verità contrarie alle nostre.
Il rapporto con i
mezzi di comunicazione contemporanei costituisce dei modelli di formazione
potenti che agiscono nella costruzione di sé e della conoscenza, sfuggendo alla
formazione dei punti di vista critici sulla propria vita. La scuola e
l’università, essendo considerate la più importanti istituzioni educative,
devono accogliere la possibilità di stabilire contatti con le più vaste realtà
sociali. Il ruolo dell’insegnante, del formatore, dell’educatore esige la
competenza di padroneggiare l’esperienza complessa, che si costruisce
attraverso la capacità di dialogare con sé stesso e con le proprie scelte,
tramite l’elaborazione critica del sapere personale. In questo contesto è
fondamentale l’educazione intellettuale, culturale, psicologica ed emozionale
che si viene a costruire attraverso i rapporti sociali e familiari. Ciò serve a
formare nell’individuo comportamenti come autocontrollo, autoconsapevolezza,
empatia.
Crescere e
cambiare sono due importanti processi che fanno parte della vita anche se non
sempre è facile accettare una nuova situazione. Ogni evento nuovo, anche se
drammatico, rappresenta una nuova sfida. Nella postmodernità l’identità non può
essere altro che ricerca. La responsabilità è il prezzo da pagare per la
libertà di scelta, con la possibilità di dover sostenere le conseguenze delle
scelte sbagliate. Educare alla consapevolezza di sé significa insegnare a
sopportare il peso della rinuncia.
Il metodo critico
riflessivo si concentra sia sull’analisi
delle procedure attraverso cui la mente costituisce ed elabora significati,
sia sulla critica del sapere personale e
culturale. Questo metodo contribuisce all’analisi del nostro apprendimento di
come lo abbiamo imparato e della validità delle nostre presupposizioni.
L’esercizio riflessivo si concretizza nella facoltà di attivare un lavoro su sé
stessi e sulla conoscenza. L’utilizzo di un metodo critico-riflessivo sostiene
la possibilità di formare e formarsi di orientare e orientarsi. Per acquisire
un metodo critico è indispensabile avere gli strumenti della cultura:
linguaggio, forme di pensiero, ecc. (es. critico d’arte). Lo strumento
principale della cultura è il linguaggio; una delle più importanti emergenze
pedagogiche riguarda l’analfabetismo culturale, cioè l’incapacità di utilizzare
il linguaggio in maniera complessa. La dimensione della cultura costituisce gli
strumenti per la costruzione di sé e del mondo; la dimensione dell’identità
rappresenta il punto di vista fondamentale tramite cui il soggetto filtra
l’esperienza, collocando sé stesso al suo interno; la dimensione emozionale
definisce un ulteriore versante del sapere poiché tutto ciò che siamo e che
costruiamo tramite la conoscenza passa per il nostro sentire. Il sistema
culturale di riferimento costituisce lo sfondo del significato attribuibile
alle cose del mondo, anche se le visioni del mondo non sono immutabili. Il
lavoro sulla cultura ha tre obiettivi: 1)l’interiorizzazione del sapere
culturale è data dall’utilizzo di strumenti di mediazione tra sé e
l’esperienza, come flusso imprevedibile di cambiamenti; 2)il confronto con le
espressioni plurali della cultura riguardano riflessioni su di essa come
esperienza e senso di vita; 3)la decostruzione critica della validità del
sapere culturale, nel senso che la cultura plasma il soggetto, ma egli ha la
facoltà di intervenire sulla cultura.
L’identità può
essere definita attraverso due dimensioni: la dimensione collettiva si
costruisce nel rapporto con lo sfondo culturale di appartenenza; quella
individuale è legata a quella collettiva. Ognuno di noi vive esperienze uniche
e irripetibili; il lavoro educativo
sull’identità si concentra sulla riflessione di questa singolarità.
Le emozioni
rappresentano risorse necessarie per la sopravvivenza poiché producono nuove
possibilità di apprendimento. Conoscere le proprie emozioni e crescere
attraverso il rapporto con la dimensione dei sentimenti può consentire
digestive le proprie scelte e comportamenti. Occorre dunque offrire
un’educazione attiva alle emozioni e ai sentimenti. Entrare in relazione con le
proprie emozioni vuol dire essere capaci di riconoscerle, quindi subentra la
capacità di gestirle; ciò porta a indirizzare le emozioni verso uno scopo. Le
emozioni possono essere utilizzate come risorsa nella conduzione dell’esistenza
poiché queste costituiscono una fonte di energia e di motivazione che muove il
sapere e riequilibra l’esperienza dell’essere.
Bibliografia