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4.Kitchen - Banana Yoshimoto https://amzn.to/2xHxVsh
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6. I doni dell'imperfezione - Renè Brown https://amzn.to/2zZgXGr
7. Eva Luna - Isabel Allende https://amzn.to/3dsOIP5
8. Il codice da vinci - Dan Brown https://amzn.to/2WCYJCb
9. Angeli e demoni - Dan Brown https://amzn.to/3fuKckI
10. Inferno - Dan Brown https://amzn.to/2WciTUU
11. Una stanza tutta per sè - Virginia Woolf https://amzn.to/3fsg3Tg
12. Vlad Tepes, l'impalatore: la vera storia del conte Dracula - Jeremy Feldman https://amzn.to/3ccIxOP
13.Uomini che odiano le donne - Stieg Larsson https://amzn.to/2yArSWP
14. La ragazza che giocava con il fuoco - Stieg Larsson https://amzn.to/3cdqg3N
15. La regina dei castelli di carta - Stieg Larsson https://amzn.to/2yAs4W3
16. L'amico ritrovato - Fred Uhlman https://amzn.to/3frmKow
17. Diario - Anna Frank https://amzn.to/2SHAX70
18. Gente di Dublino - James Joyce https://amzn.to/3fw24f1
19. La paziente silenziosa - Alex Michaelides https://amzn.to/2LarxwC
20. Caterina de' Medici. Un'italiana sul trono di Francia - Jean Orieux https://amzn.to/35E2iwd
21. Il rogo di Berlino - Helga Schneider https://amzn.to/2WyXYKC
22. La gabbianella e il gatto - Luis Sepulveda https://amzn.to/2Lavgdz
23. La peste - Albert Camus https://amzn.to/35CHCEK
24. L'amore ai tempi del colera - Gabriel Garcia Marquez https://amzn.to/3fvkIUe
25. Canto di Natale - Charles Dickens https://amzn.to/2A8sHGP
26. Il guardiano invisibile (trilogia di Baltazan) - Dolores Redondo https://amzn.to/2LavJwl
27. Inciso nelle ossa (trilogia di Baltazan) - Dolores Redondo https://amzn.to/2SKFwgR
28. Offerta alla tormenta (trilogia di Baltazan) - Dolores Redondo https://amzn.to/2WaX0VH
29. I viaggi di Guliver - Jonathan Swift https://amzn.to/3dns1vy
30. Il conte di Montecristo - Alexandre Dumas https://amzn.to/2W9qhQQ
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
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domenica 28 novembre 2021
lunedì 7 settembre 2020
10 libri da leggere se ami i gatti
1. Il gatto che donava allegria - Rachel Wells https://amzn.to/3bbFfKu
2. Il gatto che aggiustava i cuori - Rachel Wells https://amzn.to/2WAqE5V
3. Gatti e gufi - Marco Mastrorilli https://amzn.to/3bcwDD9
4. La felicità è un gatto - Stephane Garnier https://amzn.to/2WEuxHb
5. La vita emotiva dei gatti. Un viaggio nel cuore del felino - Jeffrey M. Masson https://amzn.to/3cblnIw
6. Il gatto venuto dal cielo - Takashi Hiride https://amzn.to/2WEYB5c
7. Il gatto e la luna - Autori Vari https://amzn.to/2Wd7YdG
8. Il gatto che scoprì il natale - Lili Hayward https://amzn.to/3cf03Sn
9. Gatti da legare - Doreen Tovey https://amzn.to/3ccsoJ3
10. La gatta.Una fiaba sulla redenzione al femminile - Marie Louise von Franz https://amzn.to/2WagHgo
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martedì 12 maggio 2020
10 libri da leggere in estate
1. Il racconto dell'ancella - Margaret Atwood https://amzn.to/35He20M
2. Il mercante di Londra - Barbara Taylor Bradford https://amzn.to/3fw18Hu
3. La confraternita degli storici curiosi - Jodi Taylor https://amzn.to/2WCBMiC
4. Prima di noi - Giorgio Fontana https://amzn.to/3dmzg71
5. La legge del sognatore - Daniel Pennac https://amzn.to/2WApuY7
6. La giusta distanza - Sara Rattaro https://amzn.to/2YHGONn
7. Per ricominciare guarda tra le pagine di un libro - Ali berg, Michelle Kalus https://amzn.to/2WdmGB2
8. Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza - Luis Supulveda https://amzn.to/2WcQ6PP
9. Una lettera per Sara - Maurizio De Giovanni https://amzn.to/2Lb5DJP
10. La casa di carta. L'enigma del professore - Magazzini Salani Editore https://amzn.to/2WtBMkQ
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giovedì 7 maggio 2020
10 libri da leggere se ami viaggiare
Quali sono i libri più amati da chi vive per viaggiare?
1. La mia Africa - Karen Blixen https://amzn.to/2yAjRRJ
2. Il cammino di Santiago - Paulo Coelho https://amzn.to/2zdp2ad
3. Il giro del mondo in 80 giorni - Jules Verne https://amzn.to/3cc8TR9
4. Instantanee intorno al mondo - Nicolò Balini https://amzn.to/2SLydp8
5. Wild – Cheryl Strayed https://amzn.to/3bfUySe
6. Questo bacio vada al mondo intero - Colum McCann https://amzn.to/2YI3mOj
7. Festa mobile - Ernest Hemingway https://amzn.to/35EPRjA
8. Gente di Dublino - James Joyce https://amzn.to/3cbXe4N
9. America perduta. In viaggio verso gli USA - Bill Bryson https://amzn.to/3fvb8AK
10. L’infinito viaggiare - Claudio Magris https://amzn.to/2YNN7PP
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
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Dott.ssa Maddalena Di Rosa
mercoledì 29 aprile 2020
Il coraggio di scrivere: come gli scrittori superano la paura
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
Titolo originale The Courage to Write. How writers transcend fear.
L'autore del libro, Ralph Keyes, un autore che insegna a scrivere da più di trent'anni, afferma che l'ansia di scrivere è sentita dagli scrittori di ogni livello, soprattutto quando hanno il coraggio di fare del loro meglio.
Egli descrive la sequenza di "punti di coraggio" attraverso cui tutti gli scrittori devono passare, dalla sfida di identificare un progetto utile per la miscela di orgoglio e panico che sentono quando si esamina un libro o un articolo appena pubblicato.
Keyes offre anche dettagli su come sradicare il timore della "performance pubblica" e del giudizio della famiglia e degli amici, fare il miglior uso di laboratori di scrittori e conferenze e gestire la critica delle opere in corso.
Sono presenti, inoltre, commenti di molti scrittori di successo su come hanno trasceso le loro paure per produrre grandi opere.
Argomenti centrali del testo:
1. Scrivere come atto di coraggio
2. I punti del coraggio
3. Tutti vedranno attraverso me?
4. Il diavolo nel calamaio
5. Affinando la paura
6. Mettere la paura a lavoro
7. Scrivere mettendosi a nudo
8. Un piccolo aiuto dagli amici
9. Lo scrittore coraggioso
https://amzn.to/2LasEwt
Titolo originale The Courage to Write. How writers transcend fear.
L'autore del libro, Ralph Keyes, un autore che insegna a scrivere da più di trent'anni, afferma che l'ansia di scrivere è sentita dagli scrittori di ogni livello, soprattutto quando hanno il coraggio di fare del loro meglio.
Egli descrive la sequenza di "punti di coraggio" attraverso cui tutti gli scrittori devono passare, dalla sfida di identificare un progetto utile per la miscela di orgoglio e panico che sentono quando si esamina un libro o un articolo appena pubblicato.
Keyes offre anche dettagli su come sradicare il timore della "performance pubblica" e del giudizio della famiglia e degli amici, fare il miglior uso di laboratori di scrittori e conferenze e gestire la critica delle opere in corso.
Sono presenti, inoltre, commenti di molti scrittori di successo su come hanno trasceso le loro paure per produrre grandi opere.
Argomenti centrali del testo:
1. Scrivere come atto di coraggio
2. I punti del coraggio
3. Tutti vedranno attraverso me?
4. Il diavolo nel calamaio
5. Affinando la paura
6. Mettere la paura a lavoro
7. Scrivere mettendosi a nudo
8. Un piccolo aiuto dagli amici
9. Lo scrittore coraggioso
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martedì 20 gennaio 2015
Europa 2020: una nuova economia basata sulla conoscenza
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
Quali sono gli obiettivi attuali dell’Unione Europea? Come si è arrivati ad essi? È bene fare prima una breve premessa sulla storia dell’Unione e sulle politiche sociali dalle origine ai giorni nostri.
Quali sono gli obiettivi attuali dell’Unione Europea? Come si è arrivati ad essi? È bene fare prima una breve premessa sulla storia dell’Unione e sulle politiche sociali dalle origine ai giorni nostri.
Una prima sorta di comunità si ha
col ‘Trattato di Parigi’ del 1951 in seguito alla ‘dichiarazione Schuman’ che
tendeva a regolare i rapporti riguardante gli affari carbo-siderurgici tra
Francia e Germania e ad impedire il riarmo di quest’ultima; con questo trattato
nasce la CECA, ovvero la Comunità Europea del Carbone e dell’acciaio. Ma è nel
1957 che nasce il primo vero e proprio trattato sulla Comunità Europea, cioè il
‘Trattato di Roma’, al quale verranno poi apportate diverse modifiche; nasce la
CEE (Comunità Economica Europea) che diventerà poi CE (Comunità Europea). Con questo
trattato si stabiliva l’importanza di abbattere le barriere per permettere la
libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali. La prima modifica al
trattato avviene nel 1986 con l’ ‘Atto Unico Europeo’, il quale stabiliva la
creazione di un libero mercato entro il 1992, anno in cui è stato stipulato il ‘Trattato
di Maastricht’, che ha determinato il passaggio dalla CE all’UE (Unione
Europea). Con questo trattato le politiche sociali diventano un settore
specifico e non sono più soltanto politiche di accompagnamento al lavoro. Nel 1997
col ‘Trattato di Amsterdam’ ci si orienta verso il problema della
disoccupazione e la politica sociale diviene un obiettivo comune. Nel 2001 con ‘Trattato
di Nizza’ ci si prepara a supportare un Europa in allargamento, ad ospitare
cioè i PECO (Paesi dell’Europa Centro Orientale). Nel 2007 col ‘Trattato di
Lisbona’ la Carta dei Diritti fondamentali diviene giuridicamente vincolante.
Questi trattati hanno ovviamente
determinato diverse altre modifiche come la politica di coesione economica e
sociale meglio conosciuta come politica regionale. La politica regionale non
era prevista dal ‘Trattato di Roma’ ma ha il suo fondamento giuridico con l’ ‘Atto
Unico Europeo’. La politica regionale prevedeva la riduzione delle dissonanze
regionali attraverso l’utilizzo dei fondi strutturali. È nel 1988 che avviene
la prima riforma, chiamata ‘Pacchetto Delors 1’ che prevede 5 principi:
sussidiarietà, programmazione, concentrazione, partnership, addizionalità. Gli
obiettivi fino a questo momento sono così numerati: 1, 2, 3, 4, 5°, 5b. Nel 1993
avviene la seconda riforma ai fondi strutturali che prevede l’introduzione dell’obiettivo
6. La terza riforma che riguarda la programmazione 2000-2006 prende il nome di ‘Agenda 2000’. Qui gli obiettivi diventano tre
e riguardano essenzialmente la sviluppo delle risorse umane e la riduzione
delle dissonanze regionali. La quarta riforma denominata ‘programmazione
2007-2013’ ha tre obiettivi non numerati che sono: convergenza, competitività
regionale e occupazione e cooperazione territoriale. L’obiettivo convergenza va
a supporto delle regioni con un PIL del 75% inferiore alla media; l’obiettivo competitività
regionale e occupazione cerca di creare nuovi posti di lavoro anticipando la
realtà socio-economica; la cooperazione territoriale consiste nella
collaborazione da parte di due o più regioni che pur non appartenendo ad uno
stesso Paese ma che confinano o che condividono lo stesso mare, possono far
fronte comune ai problemi condivisi e ricercare una soluzione. L’ultima riforma
si chiama ‘Europa 2020’, riguardante la politica di coesione 2014-2020. Essa mira
ad un’economia basata sulla conoscenza, quindi sulla crescita intelligente,
sostenibile ed inclusiva. Adottata nel Marzo del 2010, è basata sul partenariato,
cioè sulla condivisione di problemi. Sono state stabilite sette priorità
chiamate ‘iniziative faro’ riguardanti: il miglioramento e lo sviluppo delle
competenze, il sostegno ai ricercatori, il supporto alle imprese per superare
la crisi. Queste priorità sono coinvolte al sostegno delle Regioni in via di
sviluppo.
https://www.facebook.com/Associazione-Educazione-e-Formazione-1554579444829278/
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domenica 21 dicembre 2014
Educatori senza frontiere
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
Inizialmente il progetto lanciato dall’associazione “Educatori Senza Frontiere” incontrò alcune istituzioni come medici senza frontiere e iniziative religiose sul territorio africano. L’idea nasce da un viaggio in Madagascar nel 2003. Quest’associazione offre una formazione per coloro che hanno una laurea, triennale o specialistica, nel settore dell’educazione e della formazione e si svolge solitamente dal mese di Novembre a Maggio concentrata in un week end al mese nelle sedi di Roma e Milano. I progetti maggiori si svolgono in Angola, Brasile, Honduras, Madagascar, Ruanda. Lo strumento che sta alla base delle esperienze degli educatori durante il loro soggiorno è il diario, in cui annotano sensazioni, momenti, dettagli, sorrisi, nomi. Al centro della loro educazione c’è la metafora del viaggio. Di seguito la citazione di uno dei loro libri che ritengo più toccante:
Inizialmente il progetto lanciato dall’associazione “Educatori Senza Frontiere” incontrò alcune istituzioni come medici senza frontiere e iniziative religiose sul territorio africano. L’idea nasce da un viaggio in Madagascar nel 2003. Quest’associazione offre una formazione per coloro che hanno una laurea, triennale o specialistica, nel settore dell’educazione e della formazione e si svolge solitamente dal mese di Novembre a Maggio concentrata in un week end al mese nelle sedi di Roma e Milano. I progetti maggiori si svolgono in Angola, Brasile, Honduras, Madagascar, Ruanda. Lo strumento che sta alla base delle esperienze degli educatori durante il loro soggiorno è il diario, in cui annotano sensazioni, momenti, dettagli, sorrisi, nomi. Al centro della loro educazione c’è la metafora del viaggio. Di seguito la citazione di uno dei loro libri che ritengo più toccante:
“L’educatore errante[…]
ha un occhio animale esercitato a distinguere le aurore e le tempeste. Lo frega
il cuore. Sente il dolore dall’altra parte dell’oceano, annusa la sofferenza
come fosse la sua sposa, coglie l’immenso sul tavolo di lavoro, fraternizza con
il diverso perché l’alterità è la sua pelle.”
Un mondo da scoprire.
Un’esperienza di vita da prendere seriamente in considerazione.
Bibliografia
Mazzi A. (2013), Educatori senza frontiere. Diari di
esperienze erranti, Erickson, Trento
Sito
ufficiale
http://www.educatorisenzafrontiere.org/
Pagina facebook
https://www.facebook.com/pages/Educatori-Senza-Frontiere/408314019183774?fref=ts
Link Amazon
https://amzn.to/2zeDbUC
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sabato 8 novembre 2014
Il bambino a rischio autistico
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
Il testo ha lo scopo di individuare i soggetti in tenera età a rischio autistico. Il termine “rischio” tende a porre l’accento sulla possibilità di prevenire la sindrome attraverso metodi educativi individualizzati sia per i bambini sia per i genitori. La parola “sindrome” mette in risalto che l’autismo non sia una malattia, e i sintomi potrebbero essere presenti fin dalla nascita. Grazie agli studi di Carel è stato verificato che nei neonati depressivi gli inizi di sofferenza cominciano quando il medico distoglie l’attenzione da loro; nei neonati autistici avviene l’esatto opposto. Il bambino autistico vive in un mondo proprio e quando una persona cerca di portarlo alla realtà inizia a soffrire, vivendo il rapporto con gli altri come qualcosa di forzato. I creatori di questo lavoro valutano diversamente la possibilità di individuare tali sintomi, a seconda del campo di appartenenza. Tra i principali sintomi vanno ricordati la mancanza o la parzialità delle seguenti abilità del bambino: “contatto visivo e sorriso nella socializzazione, attenzione condivisa, risposta alla voce familiare, indicazione con il dito, imitazione”. In particolare è stato creato uno schema a cui si può fare riferimento per verificare le abilità di base che il bambino dovrebbe aver acquisito in tre diverse fasce d’età: da zero a sei mesi, da sei ma dodici mesi, da uno a due anni. Spesso accade però che determinate caratteristiche, a causa del rifiuto dei genitori, vengano prese in considerazione in età ben più avanzata, quando cioè le caratteristiche sono ben più marcate. Il bambino inoltre tende ad assorbire le emozioni familiari. Questo processo è molto importante e bisogna saperlo indirizzare nella maniera più idonea possibile dal momento che questa associazione può segnare l’appartenenza ad un gruppo. Gli autori fanno riferimento a un approccio tran disciplinare che prende in considerazione diverse correnti di pensiero tra cui: la psicoanalisi, il cognitivismo, la neuropsicologia, lo studio clinico. Lo studio di diverse discipline offre la possibilità di una visione globale dell’autismo e in particolare vengono proposte alcune caratteristiche dei bambini a rischio autistico ed elencati i vari disturbi che esso comporta, tra cui i disturbi dell’attenzione, disturbi dello sguardo, disturbi motori. Uno degli aspetti importanti del lavoro di questa èquipe di professionisti è l’intervento precoce nei confronti del bambino che potrebbe essere a rischio autistico, dal momento che la diagnosi di autismo non viene confermata prima dei trenta mesi, e di conseguenza non vengono effettuate gli interventi educativi necessari. Gli studiosi che hanno collaborato a questo lavoro suggeriscono, infatti , dei fattori a cui prestare attenzione in diverse fasi dello sviluppo del bambino. Ai genitori, invece, viene proposto un check-up completo sia dal punto di vista psichico sia dal punto di vista biologico al fine di poter guardare il bambino nella sua complessità. Il lavoro educativo dovrà essere sempre svolto con i genitori, fino a quando il bambino riuscirà ad essere autonomo senza subire danni. La dottoressa Livoir-Petersen ipotizza l’impossibilità di trasferire le proprie emozioni come possibile causa dell’autismo. Affinché possa raggirare un ostacolo ritenuto insormontabile, il bambino attiva mezzi di evitamento nella maggior parte delle relazioni con gli altri. Il bambino si trova, invece, a comunicare con gli altri per superare gli impedimenti circostanti. È importante prendersi cura del bambino e cercare di sviluppare in lui l’autonomia necessaria per far fronte ai bisogni primari che si presentano durante la giornata. Un altro aspetto importante, e che non bisogna perdere di vista, è la capacita di pensare ed elaborare risposte personalizzate legate e problemi specifici, partendo dai valori che vengono trasmessi al bambino. Quest’insieme di esperti ha fondato una “federazione autismo “ al fine di confrontare le esperienze e le conoscenze di quattro èquipe di psichiatria infantile e dell’adolescenza. Lo scopo di questa sintesi di saperi è l’elaborazione di una ricerca dinamica che non si arresti. Dagli studi emerge la proposta da parte dei medici, nei confronti dei genitori, di intraprendere un lungo lavoro di integrazione in ambito socio-educativo per il bambino autistico. È stato ipotizzato, inoltre, che una certa continuità relazionale con il personale educativo può aiutare alla costruzione di una continuità d’essere. Questa esperienza svolta in Francia nel 2003 da professionisti provenienti da viversi campi, è stata una scelta voluta, al fine di guidare l’autismo con maggiore precisione sotto diverse prospettive e arrivare ad una visione d’insieme. Queste ricerche costituiscono un punto di partenza per capire se la prevenzione possa essere rivolta solo a questa sindrome o anche ad altri disturbi. Nel saggio viene fornito anche uno schema generale dei comportamenti dei bambini a rischio,partendo già dalla loro descrizione nel primo semestre di vita. Il primo strumento a dover essere preso in considerazione in neuropsichiatria, ma in qualsiasi altra scienza, resta sempre l’osservazione. Questa è consigliabile che avvenga alla presenza delle persone che interverranno, dal momento che l’osservazione di un filmato girato dalla famiglia del bambino potrebbe non riprendere con precisione alcuni particolari come la direzione dello sguardo. Nel testo vengono citati anche alcuni casi che il team di esperti ha avuto la possibilità di studiare da vicino. Tra gli esempi riportati viene citata anche la storia di una bambina che, con gli interventi adeguati, è riuscita a non acquisire questa sindrome; o ancora, l’episodio di una bambina a cui era stato diagnosticato l’autismo e che uno degli esperti aveva mentito tale diagnosi dimostrando che si trattava di un forte stato depressivo dovuto al trasferimento della famiglia in un’altra casa. Oltre gli esempi di storie vere vengono riportati anche dei giochi che i genitori dovrebbero fare con i loro figli. Il testo, scritto in forma molto fluida e scorrevole, fornisce, inoltre, ottimi punti di partenza per ulteriori ricerche. Tra gli argomenti più rilevanti da approfondire per le persone che lavorano con bambini autistici va ricordata la Check-list for Autism in Toddlers (Ch.A.T.). si tratta di un questionario da svolgere insieme ai genitori del bambino per individuare la presenza o meno del rischio di autismo e il grado di gravità in cui si trova il soggetto, anche se bisogna tener presente la soggettività di ogni individuo e quindi non attribuire un valore assoluto ai risultati del test. Un altro aspetto rilevante è l’evitamento relazionale del bambino che viene descritto nelle sue caratteristiche più evidenti. Un concetto non trascurabile è senz’altro quello di “ sofferenza psichica del neonato” che rileva la necessità di tutelare il “diritto di cittadinanza alla sua vita psichica in quanto tale”. Viene poi messa in risalto l’importanza che la comunicazione paradossale può avere per analizzare come il bambino reagisce nel momento in cui si trova a dover interagire con altre persone. L’ elaborato, oltre ad essere un ottimo documento di approfondimento riguardante il rischio autistico, rappresenta il superamento dell’utopia della prevenzione che si trasforma in una vera e propria speranza di poter arrivare, attraverso la ricerca scientifica, ad un metodo pedagogico ben definito che miri alla risoluzione del problema prima che si presenti in maniera concreta e dunque più difficile da recuperare.
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Il testo ha lo scopo di individuare i soggetti in tenera età a rischio autistico. Il termine “rischio” tende a porre l’accento sulla possibilità di prevenire la sindrome attraverso metodi educativi individualizzati sia per i bambini sia per i genitori. La parola “sindrome” mette in risalto che l’autismo non sia una malattia, e i sintomi potrebbero essere presenti fin dalla nascita. Grazie agli studi di Carel è stato verificato che nei neonati depressivi gli inizi di sofferenza cominciano quando il medico distoglie l’attenzione da loro; nei neonati autistici avviene l’esatto opposto. Il bambino autistico vive in un mondo proprio e quando una persona cerca di portarlo alla realtà inizia a soffrire, vivendo il rapporto con gli altri come qualcosa di forzato. I creatori di questo lavoro valutano diversamente la possibilità di individuare tali sintomi, a seconda del campo di appartenenza. Tra i principali sintomi vanno ricordati la mancanza o la parzialità delle seguenti abilità del bambino: “contatto visivo e sorriso nella socializzazione, attenzione condivisa, risposta alla voce familiare, indicazione con il dito, imitazione”. In particolare è stato creato uno schema a cui si può fare riferimento per verificare le abilità di base che il bambino dovrebbe aver acquisito in tre diverse fasce d’età: da zero a sei mesi, da sei ma dodici mesi, da uno a due anni. Spesso accade però che determinate caratteristiche, a causa del rifiuto dei genitori, vengano prese in considerazione in età ben più avanzata, quando cioè le caratteristiche sono ben più marcate. Il bambino inoltre tende ad assorbire le emozioni familiari. Questo processo è molto importante e bisogna saperlo indirizzare nella maniera più idonea possibile dal momento che questa associazione può segnare l’appartenenza ad un gruppo. Gli autori fanno riferimento a un approccio tran disciplinare che prende in considerazione diverse correnti di pensiero tra cui: la psicoanalisi, il cognitivismo, la neuropsicologia, lo studio clinico. Lo studio di diverse discipline offre la possibilità di una visione globale dell’autismo e in particolare vengono proposte alcune caratteristiche dei bambini a rischio autistico ed elencati i vari disturbi che esso comporta, tra cui i disturbi dell’attenzione, disturbi dello sguardo, disturbi motori. Uno degli aspetti importanti del lavoro di questa èquipe di professionisti è l’intervento precoce nei confronti del bambino che potrebbe essere a rischio autistico, dal momento che la diagnosi di autismo non viene confermata prima dei trenta mesi, e di conseguenza non vengono effettuate gli interventi educativi necessari. Gli studiosi che hanno collaborato a questo lavoro suggeriscono, infatti , dei fattori a cui prestare attenzione in diverse fasi dello sviluppo del bambino. Ai genitori, invece, viene proposto un check-up completo sia dal punto di vista psichico sia dal punto di vista biologico al fine di poter guardare il bambino nella sua complessità. Il lavoro educativo dovrà essere sempre svolto con i genitori, fino a quando il bambino riuscirà ad essere autonomo senza subire danni. La dottoressa Livoir-Petersen ipotizza l’impossibilità di trasferire le proprie emozioni come possibile causa dell’autismo. Affinché possa raggirare un ostacolo ritenuto insormontabile, il bambino attiva mezzi di evitamento nella maggior parte delle relazioni con gli altri. Il bambino si trova, invece, a comunicare con gli altri per superare gli impedimenti circostanti. È importante prendersi cura del bambino e cercare di sviluppare in lui l’autonomia necessaria per far fronte ai bisogni primari che si presentano durante la giornata. Un altro aspetto importante, e che non bisogna perdere di vista, è la capacita di pensare ed elaborare risposte personalizzate legate e problemi specifici, partendo dai valori che vengono trasmessi al bambino. Quest’insieme di esperti ha fondato una “federazione autismo “ al fine di confrontare le esperienze e le conoscenze di quattro èquipe di psichiatria infantile e dell’adolescenza. Lo scopo di questa sintesi di saperi è l’elaborazione di una ricerca dinamica che non si arresti. Dagli studi emerge la proposta da parte dei medici, nei confronti dei genitori, di intraprendere un lungo lavoro di integrazione in ambito socio-educativo per il bambino autistico. È stato ipotizzato, inoltre, che una certa continuità relazionale con il personale educativo può aiutare alla costruzione di una continuità d’essere. Questa esperienza svolta in Francia nel 2003 da professionisti provenienti da viversi campi, è stata una scelta voluta, al fine di guidare l’autismo con maggiore precisione sotto diverse prospettive e arrivare ad una visione d’insieme. Queste ricerche costituiscono un punto di partenza per capire se la prevenzione possa essere rivolta solo a questa sindrome o anche ad altri disturbi. Nel saggio viene fornito anche uno schema generale dei comportamenti dei bambini a rischio,partendo già dalla loro descrizione nel primo semestre di vita. Il primo strumento a dover essere preso in considerazione in neuropsichiatria, ma in qualsiasi altra scienza, resta sempre l’osservazione. Questa è consigliabile che avvenga alla presenza delle persone che interverranno, dal momento che l’osservazione di un filmato girato dalla famiglia del bambino potrebbe non riprendere con precisione alcuni particolari come la direzione dello sguardo. Nel testo vengono citati anche alcuni casi che il team di esperti ha avuto la possibilità di studiare da vicino. Tra gli esempi riportati viene citata anche la storia di una bambina che, con gli interventi adeguati, è riuscita a non acquisire questa sindrome; o ancora, l’episodio di una bambina a cui era stato diagnosticato l’autismo e che uno degli esperti aveva mentito tale diagnosi dimostrando che si trattava di un forte stato depressivo dovuto al trasferimento della famiglia in un’altra casa. Oltre gli esempi di storie vere vengono riportati anche dei giochi che i genitori dovrebbero fare con i loro figli. Il testo, scritto in forma molto fluida e scorrevole, fornisce, inoltre, ottimi punti di partenza per ulteriori ricerche. Tra gli argomenti più rilevanti da approfondire per le persone che lavorano con bambini autistici va ricordata la Check-list for Autism in Toddlers (Ch.A.T.). si tratta di un questionario da svolgere insieme ai genitori del bambino per individuare la presenza o meno del rischio di autismo e il grado di gravità in cui si trova il soggetto, anche se bisogna tener presente la soggettività di ogni individuo e quindi non attribuire un valore assoluto ai risultati del test. Un altro aspetto rilevante è l’evitamento relazionale del bambino che viene descritto nelle sue caratteristiche più evidenti. Un concetto non trascurabile è senz’altro quello di “ sofferenza psichica del neonato” che rileva la necessità di tutelare il “diritto di cittadinanza alla sua vita psichica in quanto tale”. Viene poi messa in risalto l’importanza che la comunicazione paradossale può avere per analizzare come il bambino reagisce nel momento in cui si trova a dover interagire con altre persone. L’ elaborato, oltre ad essere un ottimo documento di approfondimento riguardante il rischio autistico, rappresenta il superamento dell’utopia della prevenzione che si trasforma in una vera e propria speranza di poter arrivare, attraverso la ricerca scientifica, ad un metodo pedagogico ben definito che miri alla risoluzione del problema prima che si presenti in maniera concreta e dunque più difficile da recuperare.
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Bibliografia
Delion P. (2004), Il bambino a rischio autistico, Pendragon, Bologna
sabato 25 ottobre 2014
Pedagogia speciale. La riduzione dell'handicap
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
Parlare di integrazione è un’impresa ardua. Canevaro nel teso “Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap” tratta di questo tema prendendo in considerazione più elementi che possono essere utili ai fini dell’inserimento della persona disabile in un qualsiasi tipo di contesto. Innanzitutto introduce il problema dell’integrazione partendo dal presupposto che il nostro Paese solo in teoria promuove questo tipo di esigenza, ma in pratica ha una percentuale bassissima di insegnamenti che riguardino la Pedagogia Speciale. Un primo passo da compiere è prendere coscienza del problema e cercare di ridurre le difficoltà al fine di costruire un’identità ben formata del soggetto. Bisogna poi tenere presente anche l’ambiente in cui si opera, quindi guardando anche il contesto socio-storico-culturale. Un punto di partenza importante per lo studio delle scienze dell’educazione è chiarire il ruolo della pedagogia; essa non deve essere considerata solo come scienza teorica o come scienza esclusivamente pratica, bensì come scienza d’intervento che presuppone una sintesi di teoria e prassi. Tale disciplina scientifica ha tra i suoi obiettivi di base quello di aprire al dialogo, cioè di impostare una relazione bilaterale. Solo così si potrà arrivare ad una relazione educativa basata sulla reciprocità, sulla diade educatore-educando, andando ad eliminare definitivamente la figura del maestro-educatore come emblema autoritario.
Parlare di integrazione è un’impresa ardua. Canevaro nel teso “Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap” tratta di questo tema prendendo in considerazione più elementi che possono essere utili ai fini dell’inserimento della persona disabile in un qualsiasi tipo di contesto. Innanzitutto introduce il problema dell’integrazione partendo dal presupposto che il nostro Paese solo in teoria promuove questo tipo di esigenza, ma in pratica ha una percentuale bassissima di insegnamenti che riguardino la Pedagogia Speciale. Un primo passo da compiere è prendere coscienza del problema e cercare di ridurre le difficoltà al fine di costruire un’identità ben formata del soggetto. Bisogna poi tenere presente anche l’ambiente in cui si opera, quindi guardando anche il contesto socio-storico-culturale. Un punto di partenza importante per lo studio delle scienze dell’educazione è chiarire il ruolo della pedagogia; essa non deve essere considerata solo come scienza teorica o come scienza esclusivamente pratica, bensì come scienza d’intervento che presuppone una sintesi di teoria e prassi. Tale disciplina scientifica ha tra i suoi obiettivi di base quello di aprire al dialogo, cioè di impostare una relazione bilaterale. Solo così si potrà arrivare ad una relazione educativa basata sulla reciprocità, sulla diade educatore-educando, andando ad eliminare definitivamente la figura del maestro-educatore come emblema autoritario.
Il problema principale dell’handicap è che, spesso, porta ad
una categorizzazione automatica e quindi all’esclusione dal gruppo di coetanei.
Nasce quindi la necessità di una relazione di aiuto supportata da una pluralità
di sostegni. La necessità di più figure che lavorano con la persona disabile
scaturisce dalla possibilità di poter trovare gli indicatori della riduzione
dell’handicap. La persona disabile, però, non può essere educata solo in base a
suo handicap, ma bisogna tener presente anche la sua personalità globale,
quindi considerando anche le differenze di genere, di cultura, etniche. Viene
valorizzata sulla base di questa premessa, la visione della Pedagogia come
scienza non statica, bensì di ricerca.
Tra gli aspetti da valutare c’è anche la situazione italiana
rispetto agli altri Paesi, poiché nella nostra Nazione l’integrazione viene
studiata ed applicata solo nell’ambito scolastico; gli altri Stati hanno
percepito la necessità di estendere le abilità sociali della persona diversamente
abile anche ai contesti extrascolastici.
Per analizzare un problema in maniera critica è opportuno
partire dalle sue origini. Per questo Canevaro espone i progressi della scuola
nell’ultimo ventennio. Tra gli eventi più importanti da ricordare viene citata
anche la riforma Gentile, che successivamente ha portato anche alla nascita di
scuole per handicappati.
Illuminante la riflessione sulla modalità di apprendimento
di materiali della medesima difficoltà; l’autore sottolinea che gli argomenti
diversi che possono essere considerati dello stesso livello non necessariamente
avvengono con la stessa semplicità.
La pedagogia deve integrare le varie conoscenze riguardo
tecniche e strumenti per ripensare nuove teorie, rivalutarle, adattarle a un
determinato contesto.
La riduzione dell’handicap può essere considerato un vero e
proprio problem solving. L’esempio riportato nel testo è quello di una persona
col pannolone che impara a gestire le sue esigenze. Per la riduzione
dell’handicap è necessaria la collaborazione da parte della famiglia con le
istituzioni che lavorano nell’ambito della disabilità. La famiglia, e in
particolare i genitori, devono orientarsi verso una prospettiva della
valorizzazione.
Tra gli strumenti presi in considerazione per lavorare in
quest’ambito troviamo anche i media. Un riferimento particolare viene fatto per
la musica; in generale l’arteterapia viene considerata tra le tecniche attuali
più innovative.
Come ogni scienza, anche la pedagogia necessita di
specifici termini tecnici per poter
avere un quadro specifico della situazione
e per poter intervenire in modo adeguato. A tal proposito è nata la
Pedagogia istituzionale, che racchiude la revisione di proposte
sull’educazione, facendo particolare riferimento alla collaborazione.
Una parte del testo è dedicata a Freinet, dal quale si
possono trarre molti spunti su cui lavorare all’integrazione dell’alunno.
Innanzitutto è da considerare indispensabile il rapporto esperienza-conoscenza,
che per l’autore francese può essere anche facilitato dalla televisione, anche
se essa pone un altro problema, quello dell’imitazione dei personaggi
televisivi. Non poteva non essere citato, poi, lo schedario come strumento
essenziale per la collaborazione all’interno del gruppo classe. Da non trascurare
è il concetto di trasmissione di cultura, che dovrebbe trasformarsi in
produzione di cultura. Inizia poi un’analisi sui rapporti tra ascolto-parola,
bisogno-risposta, disagio-benessere, curiosità-ricerca. Freinet, inoltre, pone
in evidenza anche il luogo in cui avviene l’apprendimento, che può avvenire
anche a distanza. Attualmente è possibile pensare anche a un tipo di
apprendimento a distanza agevolato da uno strumento tecnologico specifico: il
computer. L’ultimo argomento trattato è l’elemento simbolico come valore
fondamentale dell’apprendimento.
L’ultima parte del lavoro di Canevaro si apre con la
descrizione di un gruppo di persone con handicap che vivono in una situazione
di estrema povertà nel loro Paese d’origine, ma essendo entrati come clandestini
in un altro Paese per lavorare, preferiscono rimanerci per sentirsi utili dal
momento che hanno trovato un occupazione. Ciò vuole evidenziare, ancora una
volta, quanto sia doveroso prendere in considerazione i diversi aspetti di una
persona; anche se i clandestini erano persone handicappate si percepivano
soprattutto come disoccupati.
Il professore Canevaro, però, ci offre anche un esempio
positivo di integrazione, illustrando la nascita di un’associazione in Québec,
che sostiene le persone handicappate e i loro familiari appartenenti a diversi
gruppi etnici.
Ogni capitolo è corredato di schede con lo scopo di
approfondire l’argomento, o da esempi concreti che mostrino come mettere in
atto ciò che è stato letto in precedenza.
In appendice è possibile trovare delle schede di lettura
contenenti citazioni e recensioni tratte da alcuni testi sulla disabilità.
Il testo si chiude con una descrizione sui centri di
documentazione sull’handicap e l’esigenza imprescindibile di concentrarsi
proprio sull’handicap e non sul deficit. Da qui nasce anche il problema di
trovare i giusti mediatori che possono essere anche oggetti che aprano il
rapporto con l’altro. In ultima istanza viene suggerito di consultare il Centro
Documentazione Handicap con sede a Bologna, fornendo i relativi recapiti.
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Bibliografia
Canevaro A. (1999), Pedagogia speciale. La riduzione dell'handicap, Bruno Mondadori, Milano.
https://www.facebook.com/Associazione-Educazione-e-Formazione-1554579444829278/
Canevaro A. (1999), Pedagogia speciale. La riduzione dell'handicap, Bruno Mondadori, Milano.
https://www.facebook.com/Associazione-Educazione-e-Formazione-1554579444829278/
domenica 12 ottobre 2014
Educare alle scelte
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
L’orientamento ha assunto un ruolo importante nella società attuale. Il compito dell’educatore è orientare verso scelte che siano coerenti con le proprie potenzialità e ambizioni. In questo contesto è fondamentale un approccio transdisciplinare. Uno dei maggiori problemi è che le istituzioni esistenti non riescono a formare dei soggetti che siano in grado di sviluppare un tipo di pensiero critico. Orientarsi vuol dire avere la capacità di sviluppare diverse ipotesi all’interno di una realtà complessa. La costruzione della consapevolezza e della responsabilità sono qualità necessarie per guidare le proprie azioni. Il lavoro educativo si concentra sulla formazione alla consapevolezza di sé e alla responsabilità culturale per la costruzione di identità critiche. L’identità personale presuppone il cambiamento, anche se l’ignoto può spaventare a primo impatto.
L’orientamento ha assunto un ruolo importante nella società attuale. Il compito dell’educatore è orientare verso scelte che siano coerenti con le proprie potenzialità e ambizioni. In questo contesto è fondamentale un approccio transdisciplinare. Uno dei maggiori problemi è che le istituzioni esistenti non riescono a formare dei soggetti che siano in grado di sviluppare un tipo di pensiero critico. Orientarsi vuol dire avere la capacità di sviluppare diverse ipotesi all’interno di una realtà complessa. La costruzione della consapevolezza e della responsabilità sono qualità necessarie per guidare le proprie azioni. Il lavoro educativo si concentra sulla formazione alla consapevolezza di sé e alla responsabilità culturale per la costruzione di identità critiche. L’identità personale presuppone il cambiamento, anche se l’ignoto può spaventare a primo impatto.
Il modo di
interpretare la realtà è legato essenzialmente alla cultura di appartenenza. La
crisi della società attuale dipende dall’incertezza che scaturisce dal
cambiamento. La percezione della sicurezza si fonda sull’espressione della
fiducia. Ad esempio un bambino sviluppa fiducia in se stesso nel momento in cui
si stabilisce con i genitori un rapporto stabile. La fiducia implica reciprocità
di esperienze. L’opposto della fiducia è l’angoscia o paura dell’esistenziale.
Il rapporto con la parentela rappresenta il primo grande luogo dove
costruire la fiducia. Un altro contesto importante è il rapporto con la
comunità locale, anche se non sempre i rapporti sociali avvengono in
presenza (es. telefono, internet). Altro punto di riferimento è la religione:
a prescindere dal tipo di fede, l’idea di avere degli enti superiori che
governano il mondo infonde sicurezza. Il rapporto con la tradizione pone
le basi per l’organizzazione e la costruzione del futuro. Abbiamo poi la
fiducia nei sistemi esperti (ascensore, palazzo). La sicurezza
ontologica consente di costruire un percorso di vita orientato alla
fiducia.
Altra questione
che riguarda gli effetti della crisi è la deriva del senso. È necessario
ricordare che le cose hanno senso in base al valore che gli uomini gli danno.
Gli uomini imparano a dare un senso a ciò che li circonda. I bambini
costruiscono il significato attraverso il linguaggio; ciò implica tre passaggi:
1)il linguaggio viene acquisito attraverso l’uso; 2)i bambini prima di
esprimersi attraverso il linguaggio verbale si esprimono attraverso movenze e
gesti; 3)il bambino riesce ad esprimersi perché collega alle parole il
rispettivo significato. La vita sociale rappresenta sicuramente la base per la
costruzione di significato. La frantumazione delle relazioni sociali
fondamentali produce disorientamento.
Secondo Bauman, le
comunità a cui le identità fanno riferimento possono essere di due tipi. Ci
sono comunità di vita e di destino i cui membri vivono insieme in
attaccamento indissolubile e comunità saldate insieme unicamente da idee o
vari principi. Il problema della crisi dell’identità emerge esclusivamente
in relazione a comunità del secondo tipo, poiché le idee che le costituiscono
sono molteplici e plurali: è proprio perché ci sono così tante idee e principi
che si devono fare paragoni, fare scelte, rivedere le scelte fatte in altre
occasioni.
In epoca premoderna l’identità è connessa
all’appartenenza di un ceto (es. contadino figlio di contadino ecc). In questa
condizione sociale l’identità non è un problema dal momento che non vi è
scelta.
In epoca moderna le classi sostituiscono i
ceti. La classe non si guadagna per diritto di nascita ma bisogna
guadagnarsela.
In epoca postmoderna l’identità diviene
ricerca, le identità si disperdono nella complessità che porta a vivere
situazioni di incertezza. Domandarsi chi siamo ha senso solo se siamo
consapevoli di poter diventare altro.
Le persone spesso
ritengono che i propri modelli di interpretazione della realtà siano gli unici
possibili, confondendo la rappresentazione con la realtà oggettiva. L’esistenza
dell’ignoto fa nascere negli uomini un senso di insicurezza. Nel corso del
Novecento il modello della conoscenza oggettiva entra in crisi e viene
sostituito dal modello della complessità. La conoscenza è sempre determinata
dal rapporto del soggetto col proprio linguaggio, la propria cultura, il
proprio ambiente, il proprio contesto storico.
La pedagogia è un
sapere non lineare che tentando di chiarire gli scenari educativi legati ad un
determinato contesto. Ciò che forma l’individuo tramite il cambiamento è
l’esperienza cognitiva, affettiva, sociale e culturale. La realtà è complessa e
piena di contraddizioni; per questo motivo occorre trovare il modo di far
interagire diversi saperi all’interno di una nuova prospettiva. Esistono
diversi approcci che riguardano il dialogo tra le diverse discipline:
la pluridisciplinarità riguarda più letture
disciplinari per ogni problema;
la metadisciplinarità si riferisce
all’esercizio di una riflessione sulle stesse discipline e serve a trovare gli
elementi comuni;
la transdisciplinarità riguarda la lettura
di più discipline da un punto di vista critico al fine di entrare in rapporto
tra loro modificando il proprio modo di vedere la realtà.
Mettendo a
confronto questi tre approcci si può capire che la transdisciplinarità è
l’approccio epistemologico più coerente perché tocca tutti i saperi. Le
caratteristiche principali a cui la transdisciplinarità fa riferimento sono: il
rigore dell’argomentazione che tiene conto di tutti i dati; l’apertura
comporta l’accettazione dell’ignoto, dell’inatteso; la tolleranza è il
riconoscimento del diritto a professare idee e verità contrarie alle nostre.
Il rapporto con i
mezzi di comunicazione contemporanei costituisce dei modelli di formazione
potenti che agiscono nella costruzione di sé e della conoscenza, sfuggendo alla
formazione dei punti di vista critici sulla propria vita. La scuola e
l’università, essendo considerate la più importanti istituzioni educative,
devono accogliere la possibilità di stabilire contatti con le più vaste realtà
sociali. Il ruolo dell’insegnante, del formatore, dell’educatore esige la
competenza di padroneggiare l’esperienza complessa, che si costruisce
attraverso la capacità di dialogare con sé stesso e con le proprie scelte,
tramite l’elaborazione critica del sapere personale. In questo contesto è
fondamentale l’educazione intellettuale, culturale, psicologica ed emozionale
che si viene a costruire attraverso i rapporti sociali e familiari. Ciò serve a
formare nell’individuo comportamenti come autocontrollo, autoconsapevolezza,
empatia.
Crescere e
cambiare sono due importanti processi che fanno parte della vita anche se non
sempre è facile accettare una nuova situazione. Ogni evento nuovo, anche se
drammatico, rappresenta una nuova sfida. Nella postmodernità l’identità non può
essere altro che ricerca. La responsabilità è il prezzo da pagare per la
libertà di scelta, con la possibilità di dover sostenere le conseguenze delle
scelte sbagliate. Educare alla consapevolezza di sé significa insegnare a
sopportare il peso della rinuncia.
Il metodo critico
riflessivo si concentra sia sull’analisi
delle procedure attraverso cui la mente costituisce ed elabora significati,
sia sulla critica del sapere personale e
culturale. Questo metodo contribuisce all’analisi del nostro apprendimento di
come lo abbiamo imparato e della validità delle nostre presupposizioni.
L’esercizio riflessivo si concretizza nella facoltà di attivare un lavoro su sé
stessi e sulla conoscenza. L’utilizzo di un metodo critico-riflessivo sostiene
la possibilità di formare e formarsi di orientare e orientarsi. Per acquisire
un metodo critico è indispensabile avere gli strumenti della cultura:
linguaggio, forme di pensiero, ecc. (es. critico d’arte). Lo strumento
principale della cultura è il linguaggio; una delle più importanti emergenze
pedagogiche riguarda l’analfabetismo culturale, cioè l’incapacità di utilizzare
il linguaggio in maniera complessa. La dimensione della cultura costituisce gli
strumenti per la costruzione di sé e del mondo; la dimensione dell’identità
rappresenta il punto di vista fondamentale tramite cui il soggetto filtra
l’esperienza, collocando sé stesso al suo interno; la dimensione emozionale
definisce un ulteriore versante del sapere poiché tutto ciò che siamo e che
costruiamo tramite la conoscenza passa per il nostro sentire. Il sistema
culturale di riferimento costituisce lo sfondo del significato attribuibile
alle cose del mondo, anche se le visioni del mondo non sono immutabili. Il
lavoro sulla cultura ha tre obiettivi: 1)l’interiorizzazione del sapere
culturale è data dall’utilizzo di strumenti di mediazione tra sé e
l’esperienza, come flusso imprevedibile di cambiamenti; 2)il confronto con le
espressioni plurali della cultura riguardano riflessioni su di essa come
esperienza e senso di vita; 3)la decostruzione critica della validità del
sapere culturale, nel senso che la cultura plasma il soggetto, ma egli ha la
facoltà di intervenire sulla cultura.
L’identità può
essere definita attraverso due dimensioni: la dimensione collettiva si
costruisce nel rapporto con lo sfondo culturale di appartenenza; quella
individuale è legata a quella collettiva. Ognuno di noi vive esperienze uniche
e irripetibili; il lavoro educativo
sull’identità si concentra sulla riflessione di questa singolarità.
Le emozioni
rappresentano risorse necessarie per la sopravvivenza poiché producono nuove
possibilità di apprendimento. Conoscere le proprie emozioni e crescere
attraverso il rapporto con la dimensione dei sentimenti può consentire
digestive le proprie scelte e comportamenti. Occorre dunque offrire
un’educazione attiva alle emozioni e ai sentimenti. Entrare in relazione con le
proprie emozioni vuol dire essere capaci di riconoscerle, quindi subentra la
capacità di gestirle; ciò porta a indirizzare le emozioni verso uno scopo. Le
emozioni possono essere utilizzate come risorsa nella conduzione dell’esistenza
poiché queste costituiscono una fonte di energia e di motivazione che muove il
sapere e riequilibra l’esperienza dell’essere.
Bibliografia
Lo Presti F. (2009), Educare alle scelte: l'orientamento formativo per la costruzione di identità critiche, Carocci Editore
https://www.facebook.com/Associazione-Educazione-e-Formazione-1554579444829278/
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giovedì 18 settembre 2014
Bullismo e Cyberbullismo
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
Il bullismo rappresenta una chiara e diffusa forma di malessere sociale largamente presente nel contesto scolastico e non solo. Due sono le principali forme di bullismo: diretto e indiretto. Il bullismo diretto fisico consiste nel picchiare, dare calci, pugni, e così via; il bullismo diretto verbale implica il minacciare, offendere, prendere in giro; il bullismo di tipo indiretto gioca più sul piano psicologico, come l'esclusione dal gruppo di coetanei, l'isolamento, calunnie sul conto della vittima anche attraverso il mondo di internet (cyberbullismo). I protagonisti del fenomeno sono: il bullo, che sfrutta una posizione di superiorità per aggredire, insultare o deridere il compagno (bullo dominante), e il suo comportamento può essere rinforzato dai 'seguaci' che eseguono i suoi ordini. Dall'altro lato c'è la vittima che può essere passiva o provocatrice; ma bulli e vittime non sono gli unici protagonisti del fenomeno dal momento che un ruolo importante giocano gli spettatori i quali possono essere neutrali, incoraggiare il bullo o difendere la vittima. Riuscire a prevenire o comunque eliminare il bullismo a scuola non è semplice. Nel momento in cui viene identificato il bullo bisogna cercare di intervenire senza etichettarlo altrimenti si identificherà nel suo ruolo e sarà ancora più difficile fargli cambiare atteggiamento. Bisogna lavorare molto con tutti gli alunni dal momento che, come detto in precedenza, gli spettatori hanno un ruolo fondamentale, e sensibilizzarli per prendere le difese della vittima e rivolgersi agli adulti competenti sarebbe un grande passo anche per la prevenzione. Purtroppo vivendo in una cultura dove prevale l'autoaffermazione, il desiderio di arrivare per primi, in una cultura lontana dagli aspetti pro sociali del comportamento, vale la pena impegnarsi affinchè i ragazzi possano crescere in un clima di educazione affettiva.
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Il bullismo rappresenta una chiara e diffusa forma di malessere sociale largamente presente nel contesto scolastico e non solo. Due sono le principali forme di bullismo: diretto e indiretto. Il bullismo diretto fisico consiste nel picchiare, dare calci, pugni, e così via; il bullismo diretto verbale implica il minacciare, offendere, prendere in giro; il bullismo di tipo indiretto gioca più sul piano psicologico, come l'esclusione dal gruppo di coetanei, l'isolamento, calunnie sul conto della vittima anche attraverso il mondo di internet (cyberbullismo). I protagonisti del fenomeno sono: il bullo, che sfrutta una posizione di superiorità per aggredire, insultare o deridere il compagno (bullo dominante), e il suo comportamento può essere rinforzato dai 'seguaci' che eseguono i suoi ordini. Dall'altro lato c'è la vittima che può essere passiva o provocatrice; ma bulli e vittime non sono gli unici protagonisti del fenomeno dal momento che un ruolo importante giocano gli spettatori i quali possono essere neutrali, incoraggiare il bullo o difendere la vittima. Riuscire a prevenire o comunque eliminare il bullismo a scuola non è semplice. Nel momento in cui viene identificato il bullo bisogna cercare di intervenire senza etichettarlo altrimenti si identificherà nel suo ruolo e sarà ancora più difficile fargli cambiare atteggiamento. Bisogna lavorare molto con tutti gli alunni dal momento che, come detto in precedenza, gli spettatori hanno un ruolo fondamentale, e sensibilizzarli per prendere le difese della vittima e rivolgersi agli adulti competenti sarebbe un grande passo anche per la prevenzione. Purtroppo vivendo in una cultura dove prevale l'autoaffermazione, il desiderio di arrivare per primi, in una cultura lontana dagli aspetti pro sociali del comportamento, vale la pena impegnarsi affinchè i ragazzi possano crescere in un clima di educazione affettiva.
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Bibliografia
Caravita S., L'alunno prepotente. Conoscere e contrastare il bullismo a scuola, La Scuola Editore, Brescia, 2004
venerdì 5 settembre 2014
Concorso educatore asilo nido: come prepararsi
Dott.ssa Maddalena Di Rosa
Spesso i neolaureati in Scienze dell'Educazione si chiedono quale siano i punti base da cui partire per arrivare ad un concorso per Educatori di asilo nido con una certa preparazione. Innanzi tutto bisogna informarsi se il Comune ha istituito un corso di preparazione al concorso; in caso contrario bisogna cominciare lo studio da autodidatta. I concorsi solitamente sono composti da una prima prova scritta e poi da quella orale. La prova scritta del concorso generalmente è un tema. Per scrivere un buon tema si può iniziare appuntando tutto ciò si pensa in quel momento, concentrandosi dunque sul contenuto; si penserà poi successivamente a curare la forma, e cioè si porrà l'attenzione sul lessico, sull'ortografia,sulla punteggiatura, sulla costruzione delle proposizioni e dei periodi e sulla divisione in capoversi. Questo modo di lavorare sarà sicuramente apprezzato dalla commissione che noterà il lavoro razionale e programmato che c'è stato dietro. Per quanto riguarda il tempo che intercorre tra la prova scritta e quella orale sarebbe opportuno organizzarlo sulla base di approfondimenti legati agli argomenti del tema e agli argomenti indicati nel bando. In linea di massima un concorso si basa su cinque tematiche fondamentali: 1) Le origini dell'assistenza alla prima infanzia dal XIX secolo ad oggi; 2) Le leggi regionali sui nidi; 3) Nozioni base di psicologia infantile; 4) Igiene ed educazione sanitaria (la maggior parte dei concorsi verte molto o quasi esclusivamente su questo argomento); 5) Nozioni elementari di diritto costituzionale e di legislazione comunale.
Spesso i neolaureati in Scienze dell'Educazione si chiedono quale siano i punti base da cui partire per arrivare ad un concorso per Educatori di asilo nido con una certa preparazione. Innanzi tutto bisogna informarsi se il Comune ha istituito un corso di preparazione al concorso; in caso contrario bisogna cominciare lo studio da autodidatta. I concorsi solitamente sono composti da una prima prova scritta e poi da quella orale. La prova scritta del concorso generalmente è un tema. Per scrivere un buon tema si può iniziare appuntando tutto ciò si pensa in quel momento, concentrandosi dunque sul contenuto; si penserà poi successivamente a curare la forma, e cioè si porrà l'attenzione sul lessico, sull'ortografia,sulla punteggiatura, sulla costruzione delle proposizioni e dei periodi e sulla divisione in capoversi. Questo modo di lavorare sarà sicuramente apprezzato dalla commissione che noterà il lavoro razionale e programmato che c'è stato dietro. Per quanto riguarda il tempo che intercorre tra la prova scritta e quella orale sarebbe opportuno organizzarlo sulla base di approfondimenti legati agli argomenti del tema e agli argomenti indicati nel bando. In linea di massima un concorso si basa su cinque tematiche fondamentali: 1) Le origini dell'assistenza alla prima infanzia dal XIX secolo ad oggi; 2) Le leggi regionali sui nidi; 3) Nozioni base di psicologia infantile; 4) Igiene ed educazione sanitaria (la maggior parte dei concorsi verte molto o quasi esclusivamente su questo argomento); 5) Nozioni elementari di diritto costituzionale e di legislazione comunale.
E' consigliabile affidarsi ad almeno un testo guida sui concorsi per Educatori nell'asilo nido, anche se esso costituirà solo la base di ulteriori approfondimenti.
Per tutoraggio studio riguardo la preparazione per l'esame la nostra associazione (con sede a Portici - NA) dispone di docenti e formatori altamente qualificati. Per maggiori informazioni ecco i nostri recapiti.
https://www.facebook.com/Associazione-Educazione-e-Formazione-1554579444829278/
associazioneeducazioneformazione@yahoo.it
Per tutoraggio studio riguardo la preparazione per l'esame la nostra associazione (con sede a Portici - NA) dispone di docenti e formatori altamente qualificati. Per maggiori informazioni ecco i nostri recapiti.
https://www.facebook.com/Associazione-Educazione-e-Formazione-1554579444829278/
associazioneeducazioneformazione@yahoo.it
Bibliografia
Marcuccini, Massarelli, Pianesi, Savelli, L'educatore nell'asilo nido. MANUALE per la preparazione ai concorsi e l'aggiornamento professionale, Maggioli editore, Rimini, 2011.
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