Dr.
Girolamo Pirozzi
Come
trovare lavoro in Italia e addirittura nel profondo e disagiato Sud? Sembra
voler cercare un ago in un pagliaio. Eppure è possibile, approcciando in maniera
opportuna al problema e scomponendolo in più fattori che saranno oggetto del
Seminario, previsto il 29/02/2020 c/o l’Associazione Pestalozzi in Via Armando
Diaz, 54 a Portici (NA).
Quali
sono questi fattori da risolvere punto per punto? È presto detto:
1. VISUALIZZARE – Prima del “cosa” viene il
“perché”. Perché lavorare? Capire questo step, per quanto “sciamanico” possa
sembrare, è il punto più importante e difficile di tutti, in quanto bisogna
guardare dentro se stessi. Se state pensando di getto “perché devo guadagnare,
perché devo pagare le bollette, perché devo vivere”, sappiate che questa è una
risposta parziale, siete fuori strada. La risposta imprescindibile al quesito è
“per essere felici”. Il lavoro occupa dalle 4 alle 12 ore delle vostre vite, se
aggiungete le 8 ore di sonno e le 2 che mediamente si perdono in file, attese,
auto, non resta granché. Se non si è consci di questo e non si pone la propria
felicità al primo posto del processo decisionale, non ci si sentirà mai
soddisfatti, né del lavoro né della vita in generale. Naturalmente questo non
significa che, durante la vostra ascesa, non dovrete valutare alcuni
compromessi. Può darsi ad esempio che per diventare primario di cardiologia, si
debbano sostenere gli studi facendo il cameriere. C’è un altro aspetto non da
poco, nell’ambito in questione: chi lavora forzatamente in un ambito che non
sente suo, non sarà mai in grado di eccellere in quanto “siamo più bravi in
quello che più ci piace fare” [Prof. Paolo Preti – Docente di Organizzazione
Aziendale ed esperto di PMI, Università Parthenope di Napoli, 2000].
Pertanto scegliere
un lavoro che ci piace, non è soltanto eticamente auspicabile, ma costituisce anche
la soluzione operativa ottimale per sé e per gli altri.
Dunque, guardando
nel proprio profondo, si potranno fare interessanti ed accrescitive scoperte. Gnōthi
sautón, “Conosci te stesso”, intimava l’Oracolo di
Delfi nel tempio di Apollo. E così può capitare di addivenire ai veri motivi psicologici
per cui in passato si è scelto un certo piano di studi; perché in verità ognuno
di noi, sostanzialmente, inconsciamente, sta cercando di risolvere un problema individuale
o collettivo attraverso una soluzione originale, che solo lui può offrire. E di
cui dev’essere orgoglioso! È il suo personale “verso da aggiungere al mondo”,
per chi ricorda la lezione del Professor Keating ne “L’Attimo fuggente”.
Una volta un
importante ed affermato neuropsicologo con cui ho avuto modo di confrontarmi,
mi raccontò la sua storia personale: era il primo figlio e soprattutto l’unico
maschio della sua famiglia, in tempi in cui ancora non tutti potevano studiare
e in cui vigevano alcuni stereotipi educativi, non del tutto scomparsi. Gli
sarebbe piaciuto fare l’archeologo ma la madre volle che diventasse medico. Mi
disse: “Sai, solo dopo tanti anni, ho capito perché tra i tanti ambiti medici
io abbia scelto proprio neurologia e psicologia: perché fondamentalmente, io
volevo scavare. Solo che invece di farlo nelle sabbie dell’Egitto, lo faccio
nelle menti dei pazienti. Ma alla fine, io il mio sogno l’ho soddisfatto. Per
questo riesco a lavorare bene”. Qual è dunque la vostra passione, cari lettori
o aspiranti lavoratore?
2. CONOSCERE IL SENTIERO – Una volta visualizzata la
missione, occorre formarsi correttamente circa l’obiettivo che si vuol
perseguire, cioè conoscere il più possibile la figura professionale che si vuol
diventare. Questo vuol dire conoscere il percorso completo – fatto, cioè, non
solo degli studi di base, ma anche delle esperienze concrete e dagli aggiornamenti
da mettere in conto. Soprattutto significa comprendere le difficoltà da
affrontare per raggiungere il traguardo intermedio: creare un profilo
effettivamente spendibile. Ci sono molti tipi diversi di difficoltà. Alcune
sono banalmente economiche, inerenti cioè le disponibilità finanziaria per
poter spesare determinati studi o corsi; altre sono resistenze personali,
oppure sociali di accettazione, come una famiglia di stipendiati che, per
semplice preoccupazione, avversa un figlio che vuol diventare libero
professionista. Altre ancora attengono al mercato della specifica figura
professionale, cioè “come vendersi” o “come funziona in Italia quel determinato
mestiere”. Ad esempio, chi volesse fare il commercialista non può più pensare
che basti “una laurea in economia e commercio”, com’è stato magari per mamma e
papà; deve sapere che c’è poi un tirocinio probabilmente sottopagato da fare (cosa
che all’università non ti dicono affatto), e soprattutto deve capire che se ha
ambizioni di superare la soglia dei 1.500€/mese dovrà fare scelte
imprenditoriali dopo 5 anni di gavetta o non diverrà mai il “dominus” di un
proprio Studio Commerciale.
3. COME RICERCARE LAVORO – Esistono strumenti
differenti, per entrare in contatto con la domanda di lavoro, ovvero con le
aziende e gli enti. Dalle società di lavoro interinale e di ricerca del
personale, ai motori di ricerca online, ai bandi e concorsi, ai moderni centri
d’impiego nazionale (il vecchio collocamento). Per ciascuno di questi canali,
sussistono poi ulteriori differenziazioni tra gli operatori che agiscono al
loro interno. Ed esistono ragioni precise per cui alcuni provider funzionino
meglio di altri, come pure vi sono ragioni per le quali, in base alla tipologia
di figura professionale, può essere più utile un motore di ricerca piuttosto
che un altro: è facile capire che collocare un operaio sia diverso rispetto a
collocare un impiegato, così come diverso ancora sia collocare un
professionista o un manager.
4. STRUMENTI PER PROPORSI – Individuati i canali più
opportuni, occorre poi dotarsi di strumenti di comunicazione efficace della
propria figura professionale, delle proprie competenze ed esperienze. Non
esiste un metodo unico universale per redigere il miglior curriculum vitae.
Esistono tuttavia una gran quantità di piccoli dettagli che vanno curati
attentamente per valorizzare la propria figura professionale e la propria
storia lavorativa. Alcuni sono stratagemmi testuali, attinenti cioè all’uso
delle parole, ai messaggi che si desidera far passare; altri attengono proprio
agli strumenti tecnici (ad esempio avere un indirizzo email adeguato, che non
sia pollicino82@hotmail.it); molti altri ancora sono inerenti la grafica, tali
cioè da agevolare la leggibilità e la comprensione. Occorre mettersi nei panni
del selezionatore, nei panni cioè di chi deve leggere non soltanto il vostro
curriculum bensì magari 30 CV in un giorno, e decidere se contattarvi o meno.
Al corso, avendo fatto questa esperienza nelle Human Resource, potrò indicare
alcuni dettagli interessanti, spesso sottovalutati. La scelta del formato e la
disposizione delle informazioni dipende anche dal tipo di figura professionale
in questione; non sempre l’europass è infatti da prediligere. Così come non
sempre occorre scrivere tutto.
5. SOSTENERE IL COLLOQUIO – Ed eccoci al “momento verità”. Perché il colloquio di lavoro è un po’ come Alessandro Borghese a “4 ristoranti”, può rivoluzionare completamente l’esito di una selezione già durante il contatto telefonico, ma a maggior ragione dal vivo, qualora siate “arrivati in finale”. Un ottimo CV non varrà mai quanto una buona stretta di mano o la vostra capacità di essere reattivi, umili, esplicativi, propositivi. Durante il seminario PROGETTO LAVORO del 29/02/2020 vi illustrerò anche alcune tecniche di comunicazione non verbale, che in qualche modo sono potenti tanto quanto le vostre argomentazioni. Il mio personale obiettivo è quello di rendervi più sicuri di voi stessi, dotandovi di armi e munizioni tali per cui, alla fine, prima o poi, ce la farete a trovare il vostro spazio e la vostra dimensione nel mercato del lavoro.
Per
info e prenotazioni: associazionepestalozzi@gmail.com