Dott.ssa Carmela Internicola
Dott.ssa Simona Di Paolo
In pedagogia il gioco riveste un ruolo importante dal punto
di vista sia educativo che relazionale.
Da Froebel a Bruner, Cleparade, Montessori, le sorelle
Agazzi, Piaget, la letteratura è intrisa di teorie che ne valorizzano
l’importanza.
Attraverso il gioco entriamo in relazione con il mondo
circostante, lo esploriamo e lo immagazziniamo. Viene stimolata la creatività,
la curiosità e la spinta emotiva e cognitiva del desiderio di conoscenza.
La dinamica che si realizza nel gioco permette al bambino di
acquisire consapevolezza di sé, di interiorizzare norme, valori e regole
sociali.
Attiva meccanismi di integrazione e di controllo emotivo, di
valutazione e rispetto dei tempi.
Froebel afferma, che il gioco è l’attività
che caratterizza il bambino fino alla fanciullezza. L’educazione deve,
dunque, tendere alla spontanea attività umana senza proporre modelli già
precostruiti, ma dando la possibilità ad ogni individuo di realizzarsi
autonomamente. Attraverso il gioco possiamo scoprire le più intime tendenze di ciascuno.
Il gioco per il bambino è un vero è proprio lavoro di conoscenza ed
adattamento.
Secondo Bruner, il gioco diventa funzionale e
significativo per il bambino, in quanto attraverso di esso egli sperimenta
problemi, soluzioni e comportamenti irreali, facilitando la crescita, la
sperimentazione e l’inventiva. Il gioco viene visto come un processo
fondamentale di esperienza. Bruner sottolinea che il gioco/conoscenza è un
processo di categorizzazione , ossia la tendenza a semplificare i molti
stimoli/dati esterni attraverso il raggruppamento in classi di equivalenza. Più
faccio esperienza, più conosco, più amplio nuove categorie e così via. Da qui
inizia lo sviluppo di un apprendimento consapevole e non più solo spontaneo. Un
imparare ad imparare, quello che poi diventerà la base di un buon apprendimento
scolastico volto all’acquisizione delle competenze.
Cleparade, sostiene che il fanciullo non debba subire condizionamenti nelle
attività ludiche, ossia non debba essere obbligato in attività di cui non ne
sente il bisogno naturale. Questo implica una particolare importanza alla
dimensione dello sforzo, utile per il superamento degli ostacoli che si pongono
fra lui e la meta da raggiungere. Compito di un educatore diventa quello di
suscitare nel fanciullo l’interesse, per far si che egli riesca a superare lo
sforzo. L’interesse si può attivare solo attraverso la stimolazione del
piacere, e l’utilizzo della gioia dell’attrattiva, dimensione, questa,
raggiungibile solo con il gioco. L’educazione deve essere gioiosa e ludica.
La Montessori, porta una grande innovazione in campo educativo,
sovvertendo l’ordine e affermando che il gioco, come fino a quel momento
inteso, è diseducativo, perché porta ad una dispersione dell’intelligenza che
invece deve essere incarnate nel bambino, in tal modo il gioco prende nuova
connotazione.
Il gioco deve essere libero, deve essere uno sviluppo di manifestazioni spontanee
già presenti nel fanciullo. Il gioco, studiato per fasce di età e per categorie
di apprendimento diventa fulcro portante dello sviluppo cognitivo, affettivo e
relazionale sia nel bambino che nell’adulto.
Il gioco va inteso come metodologia didattico-pedagogica per favorire la crescita, sana e
guidata del bambino verso l’età adulta. Diventa uno strumento essenziale nelle
mani di educatori docenti e pedagogisti, per adattare, prevenire e ,
soprattutto, valorizzare attitudini.
Il gioco ci permette di osservare la naturale tendenza del
bambino ad
approcciarsi al mondo e agli altri. Inoltre ci consente di modificare dinamiche
disfunzionali, di interpretare situazioni di disagio e di elaborare progetti
specifici di recupero. Segue tutto l’arco della vita, dall’infanzia alla
vecchiaia. È stato riscontrato, ad esempio in pazienti con alzheimer, quanto il
gioco avesse effetti importanti sul mantenimento di alcune sfere emotive,
quanto fosse funzionale sul mantenimento della memoria. Il gioco tocca la sfera
primitiva istintuale, basti guardare i primati, ad esempio, che si relazionano
attraverso azioni ludiche.
L’aspetto ludico nell’ azione educativa è fondamentale. L’uomo apprende per stimoli e
curiosità, ma soprattutto per appagamento e soddisfacimento dei propri bisogni.
Il gioco dovrà dunque evolversi ed assumere caratteristiche diverse e
diversificate a seconda dell’età. Attirare l’attenzione per trasmettere un
sapere che diventi un apprendimento permanente, questo il compito di un
educatore, questo potrà essere compiuto solo se attuato attraverso una modalità
che mantenga in se l’aspetto ludico.
Il nostro workshop propone una serie di pratiche pedagogiche
– educative attraverso attività ludiche e laboratori didattici, per arricchire
il lavoro delle educatrici, insegnanti, pedagogisti e di tutti coloro che
trascorrono molto tempo con i più piccoli per motivi professionali o personali,
al fine di creare un clima ideale utile per arricchire lo sviluppo emotivo,
relazione e di apprendimento del bambino.
Il prossimo seminario di formazione si terrà a Portici (NA) presso l'Associazione Pestalozzi con sede in Via Armando Diaz, 54. Per informazioni e prenotazioni scrivere a associazionepestalozzi@gmail.com
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