mercoledì 21 gennaio 2015

Sportello antiviolenza: un'esperienza pluriennale

Dott.ssa Alessia Dulbecco
La mia esperienza professionale comincia nel 2010. Dopo la laurea in Scienze Pedagogiche, conseguita a Genova, decido di far ritorno ad Imperia, mia città di origine. Qui svolgo un tirocinio presso il Centro Provinciale Antiviolenza, aperto da poco meno di un anno. Lavorare in questo settore è sempre stato il mio desiderio: avevo già fatto una breve esperienza (tramite un tirocinio formativo durante il periodo universitario, presso il Centro d'accoglienza per non subire violenza, a Genova) e ad Imperia decido che il tema della violenza di genere, del sessismo e degli stereotipi di genere, dei diritti e delle pari opportunità diventerà il mio principale interesse professionale. Nel 2011 vinco il concorso per svolgere, come libera professionista, la professione di educatrice a supporto delle attività del centro antiviolenza. Nel corso dei quattro anni di attività mi sono occupata sia di fare prima accoglienza alle vittime sia di realizzare progetti educativi e di sensibilizzazione per le scuole medie e superiori. Parallelamente all'impegno professionale decido di riprendere gli studi e mi iscrivo ad un Master in Counselling, secondo la prospettiva Analitico Transazionale. Il percorso di studi ha migliorato le mie competenze per svolgere meglio l'attività di sostegno alle vittime. Nel'incontro di accoglienza, infatti, si aiuta la donna a focalizzare il problema che l'ha spinta a chiedere aiuto, a riflettere sui comportamenti agiti e subiti e soprattutto, a fare chiarezza attorno al suo vissuto di violenza aiutandola a nominare (e, quindi comprendere) i fatti accaduti. Le competenze che il master mi ha fornito mi ha aiutato a svolgere questo incarico in maniera migliore. Parallelamente ho iniziato a realizzare progetti educativi per le scuole medie e superiori sul tema dell'educazione al rispetto e al contrasto degli stereotipi di genere. Le attività svolte con le scuole medie mi hanno permesso di collaborare con Anna Littardi, una collega professionale e preparatissima. Il lavoro in squadra è stato fondamentale: progettare, incontrare i docenti, lavorare con gli studenti è stato possibile solo grazie ad un efficace lavoro d'equipe. Parallelamente alla collaborazione col Centro Antiviolenza ho portato avanti altre attività: ho lavorato come formatrice in un ente di formazione - con giovani in condizione di disagio sociale e scolastico - e ho svolto attività di docente in materia di pari opportunità in molti corsi formativi e di aggiornamento professionale. Nel 2013 ho vinto un concorso come esperta in tematiche di genere presso il Comune della mia città: ho realizzato un progetto di prevenzione agli stereotipi di genere in un nido di infanzia, con bambini tra i 24 e i 36 mesi. Il progetto - che è stato pubblicato sul sito di Anci, tra le buone pratiche promosse dai comuni - era finalizzato alla prevenzione degli stereotipi e si articolava in due fasi: una di osservazione delle modalità di gioco dei bambini (all'interno di situazioni strutturate) e una di restituzione ai genitori. Questa seconda fase ha permesso ai genitori di confrontarsi sul tema, chiarendo dubbi e perplessità e ha favorito una nuova consapevolezza sia rispetto agli stereotipi sia rispetto alle implicazioni che essi hanno sulle pari opportunità uomo-donna. Ho lavorato, inoltre, come educatrice in una comunità di accoglienza per giovani donne - con disagio sociale - e i loro bimbi. Qui mi sono occupata sia di gestire le relazioni tra i nuclei familiari e monitorare l'educazione e la formazione dei bambin* ospiti. Alla fine del 2014 ho deciso di trasferirmi in Toscana: attualmente collaboro con Isos - lgbti empowerment & gender inclusion - nella realizzazione di interventi formativi su tematiche lgbt, pari opportunità, educazione al rispetto delle differenze. Amo molto il mio lavoro anche se mi piacerebbe che la figura del Pedagogista potesse conquistare una dignità (che nei secoli ha avuto ma che ora pare perduta) e una sua ragione d'essere. Per quanto sia felice di aver svolto tutti miei incarichi professionali sotto la qualifica di "educatrice" vorrei poter essere chiamata pedagogista e definirmi tale senza creare imbarazzo tra gli interlocutori che non hanno assolutamente chiaro di cosa si occupi questa figura professionale. Credo che questo cambiamento debba partire anzitutto dai professionisti ed è per questo che ho voluto trasferirmi a Firenze: il confronto coi colleghi e nuove opportunità di crescita sono essenziali per una migliore formazione della mia professionalità.



martedì 20 gennaio 2015

Europa 2020: una nuova economia basata sulla conoscenza

Dott.ssa Maddalena Di Rosa
Quali sono gli obiettivi attuali dell’Unione Europea? Come si è arrivati ad essi? È bene fare prima una breve premessa sulla storia dell’Unione e sulle politiche sociali dalle origine ai giorni nostri.
Una prima sorta di comunità si ha col ‘Trattato di Parigi’ del 1951 in seguito alla ‘dichiarazione Schuman’ che tendeva a regolare i rapporti riguardante gli affari carbo-siderurgici tra Francia e Germania e ad impedire il riarmo di quest’ultima; con questo trattato nasce la CECA, ovvero la Comunità Europea del Carbone e dell’acciaio. Ma è nel 1957 che nasce il primo vero e proprio trattato sulla Comunità Europea, cioè il ‘Trattato di Roma’, al quale verranno poi apportate diverse modifiche; nasce la CEE (Comunità Economica Europea) che diventerà poi CE (Comunità Europea). Con questo trattato si stabiliva l’importanza di abbattere le barriere per permettere la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali. La prima modifica al trattato avviene nel 1986 con l’ ‘Atto Unico Europeo’, il quale stabiliva la creazione di un libero mercato entro il 1992, anno in cui è stato stipulato il ‘Trattato di Maastricht’, che ha determinato il passaggio dalla CE all’UE (Unione Europea). Con questo trattato le politiche sociali diventano un settore specifico e non sono più soltanto politiche di accompagnamento al lavoro. Nel 1997 col ‘Trattato di Amsterdam’ ci si orienta verso il problema della disoccupazione e la politica sociale diviene un obiettivo comune. Nel 2001 con ‘Trattato di Nizza’ ci si prepara a supportare un Europa in allargamento, ad ospitare cioè i PECO (Paesi dell’Europa Centro Orientale). Nel 2007 col ‘Trattato di Lisbona’ la Carta dei Diritti fondamentali diviene giuridicamente vincolante.
Questi trattati hanno ovviamente determinato diverse altre modifiche come la politica di coesione economica e sociale meglio conosciuta come politica regionale. La politica regionale non era prevista dal ‘Trattato di Roma’ ma ha il suo fondamento giuridico con l’ ‘Atto Unico Europeo’. La politica regionale prevedeva la riduzione delle dissonanze regionali attraverso l’utilizzo dei fondi strutturali. È nel 1988 che avviene la prima riforma, chiamata ‘Pacchetto Delors 1’ che prevede 5 principi: sussidiarietà, programmazione, concentrazione, partnership, addizionalità. Gli obiettivi fino a questo momento sono così numerati: 1, 2, 3, 4, 5°, 5b. Nel 1993 avviene la seconda riforma ai fondi strutturali che prevede l’introduzione dell’obiettivo 6. La terza riforma che riguarda la programmazione 2000-2006 prende il nome di  ‘Agenda 2000’. Qui gli obiettivi diventano tre e riguardano essenzialmente la sviluppo delle risorse umane e la riduzione delle dissonanze regionali. La quarta riforma denominata ‘programmazione 2007-2013’ ha tre obiettivi non numerati che sono: convergenza, competitività regionale e occupazione e cooperazione territoriale. L’obiettivo convergenza va a supporto delle regioni con un PIL del 75% inferiore alla media; l’obiettivo competitività regionale e occupazione cerca di creare nuovi posti di lavoro anticipando la realtà socio-economica; la cooperazione territoriale consiste nella collaborazione da parte di due o più regioni che pur non appartenendo ad uno stesso Paese ma che confinano o che condividono lo stesso mare, possono far fronte comune ai problemi condivisi e ricercare una soluzione. L’ultima riforma si chiama ‘Europa 2020’, riguardante la politica di coesione 2014-2020. Essa mira ad un’economia basata sulla conoscenza, quindi sulla crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Adottata nel Marzo del 2010, è basata sul partenariato, cioè sulla condivisione di problemi. Sono state stabilite sette priorità chiamate ‘iniziative faro’ riguardanti: il miglioramento e lo sviluppo delle competenze, il sostegno ai ricercatori, il supporto alle imprese per superare la crisi. Queste priorità sono coinvolte al sostegno delle Regioni in via di sviluppo.
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L'incubo dei docenti: supplenze brevi da GI

 Prof.ssa Maddalena Di Rosa Dopo 17 anni nella scuola come educatrice ho deciso di passare dall'altra parte della cattedra e intraprende...