venerdì 21 novembre 2014

Telethon: regali solidali a sostegno della ricerca

Dott.ssa Maddalena Di Rosa
Telethon dal 1990 si occupa di trovare una cura per le malattie genetiche rare; ciò è reso possibile dai finanziamenti che contribuiscono alla ricerca medica. Questa iniziativa può essere sostenuta sia dai volontari che operano sul territorio, sia dai partner e donatori che ogni anno aiutano la ricerca. Ad oggi si conoscono diverse migliaia di malattie genetiche, per un 70% pediatriche; per la maggior parte di queste non esiste una terapia risolutiva. La rarità di queste patologie fa sì che esse siano trascurate dai principali investimenti pubblici e privati. TELETHON esiste per fare in modo di includere tutti nel diritto ad una possibile cura. La ricerca di Telethon non promette miracoli, ma procede verso traguardi sempre più vicini alla cura delle malattie genetiche.
Lo fa avvalendosi di un gruppo di scienziati di fama internazionale che compongono la Commissione medico scientifica di Telethon per selezionare solo i progetti migliori. Accanto alla qualità scientifica, la Commissione adotta anche altri due criteri importanti per valutare i progetti: da una parte la loro rilevanza rispetto allamissione di Telethon, dall'altra la prossimità alla cura, ovvero la maggiore possibilità di generare informazioni utili a elaborare o migliorare una terapia.
Un metodo che ha permesso, grazie alla generosità di milioni di italiani e di centinaia di aziende, di trattare con successo 16 bambini affetti dall'Ada-Scid, una gravissima immunodeficienza ereditaria. Per altre patologie è stata avviata la sperimentazione clinica.
In questi anni il lavoro dei ricercatori Telethon ha avuto una notevole ricaduta sulla conoscenza di 449 malattie genetiche.
Online è anche possibile sfogliare i 2.532 progetti di ricerca finanziati dal 1990 a oggi.
Ai ricercatori che vogliono ottenere un finanziamento e a tutti quelli che già ne usufruiscono, Telethon offre un servizio di supporto online con il quale, oltre alla consultazione dei bandi e dei criteri di selezione utilizzati, è anche possibile accedere a un sistema di gestione dei fondi assegnati.
Sul sito è possibile acquistare diversi regali, bomboniere e partecipazioni solidali.

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sabato 8 novembre 2014

Il bambino a rischio autistico

Dott.ssa Maddalena Di  Rosa
Il testo ha lo scopo di individuare i soggetti in tenera età a rischio autistico. Il termine “rischio” tende a porre l’accento sulla possibilità di prevenire la sindrome attraverso metodi educativi individualizzati sia per i bambini sia per i genitori. La parola “sindrome” mette in risalto che l’autismo non sia una malattia, e i sintomi potrebbero essere presenti fin dalla nascita. Grazie agli studi di Carel è stato verificato che nei neonati depressivi gli inizi di sofferenza cominciano quando il medico distoglie l’attenzione da loro; nei neonati autistici avviene l’esatto opposto. Il bambino autistico vive in un mondo proprio e quando una persona cerca di portarlo alla realtà inizia a soffrire, vivendo il rapporto con gli altri come qualcosa di forzato. I creatori di questo lavoro valutano diversamente la possibilità di individuare tali sintomi, a seconda del campo di appartenenza. Tra i principali sintomi vanno ricordati la mancanza o la parzialità delle seguenti abilità del bambino: “contatto visivo e sorriso nella socializzazione, attenzione condivisa, risposta alla voce familiare, indicazione con il dito, imitazione”. In particolare è stato creato uno schema a cui si può fare riferimento per verificare le abilità di base che il bambino dovrebbe aver acquisito in tre diverse fasce d’età: da zero a sei mesi, da sei ma dodici mesi, da uno a due anni. Spesso accade però che determinate caratteristiche, a causa del rifiuto dei genitori, vengano prese in considerazione in età ben più avanzata, quando cioè le caratteristiche sono ben più marcate. Il bambino inoltre tende ad assorbire le emozioni familiari. Questo processo è molto importante e bisogna saperlo indirizzare nella maniera più idonea possibile dal momento che questa associazione può segnare l’appartenenza ad un gruppo. Gli autori fanno riferimento a un approccio tran disciplinare che prende in considerazione diverse correnti di pensiero tra cui: la psicoanalisi, il cognitivismo, la neuropsicologia, lo studio clinico. Lo studio di diverse discipline offre la possibilità di una visione globale dell’autismo e in particolare vengono proposte alcune caratteristiche dei bambini a rischio autistico ed elencati i vari disturbi che esso comporta, tra cui i disturbi dell’attenzione, disturbi dello sguardo, disturbi motori. Uno degli aspetti importanti del lavoro di questa èquipe di professionisti è l’intervento precoce nei confronti del bambino che potrebbe essere a rischio autistico, dal momento che la diagnosi di autismo non viene confermata prima dei trenta mesi, e di conseguenza non vengono effettuate gli interventi educativi necessari. Gli studiosi che hanno collaborato a questo lavoro suggeriscono, infatti , dei fattori a cui prestare attenzione in diverse fasi dello sviluppo del bambino. Ai genitori, invece, viene proposto un check-up completo sia dal punto di vista psichico sia dal punto di vista biologico al fine di poter guardare il bambino nella sua complessità. Il lavoro educativo dovrà essere sempre svolto con i genitori, fino a quando il bambino riuscirà ad essere autonomo senza subire danni. La dottoressa Livoir-Petersen ipotizza l’impossibilità di trasferire le proprie emozioni come possibile causa dell’autismo. Affinché possa raggirare un ostacolo ritenuto insormontabile, il bambino attiva mezzi di evitamento nella maggior parte delle relazioni con gli altri. Il bambino si trova, invece, a comunicare con gli altri per superare gli impedimenti circostanti. È importante prendersi cura del bambino e cercare di sviluppare in lui l’autonomia necessaria per far fronte ai bisogni primari che si presentano durante la giornata. Un altro aspetto importante, e che non bisogna perdere di vista, è la capacita di pensare ed elaborare risposte personalizzate legate e problemi specifici, partendo dai valori che vengono trasmessi al bambino. Quest’insieme di esperti ha fondato una “federazione autismo “ al fine di confrontare le esperienze e le conoscenze di quattro èquipe di  psichiatria infantile e dell’adolescenza. Lo scopo di questa sintesi di saperi è l’elaborazione di una ricerca dinamica che non si arresti. Dagli studi emerge la proposta da parte dei medici, nei confronti dei genitori, di intraprendere un lungo lavoro di integrazione in ambito socio-educativo per il bambino autistico. È stato ipotizzato, inoltre, che una certa continuità relazionale con il personale educativo può aiutare alla costruzione di una continuità d’essere. Questa esperienza svolta in Francia nel 2003 da professionisti provenienti da viversi campi, è stata una scelta voluta, al fine di guidare l’autismo con maggiore precisione sotto diverse prospettive e arrivare ad una visione d’insieme. Queste ricerche costituiscono un punto di partenza per capire se la prevenzione possa essere rivolta solo a questa sindrome o anche ad altri disturbi. Nel saggio viene fornito anche uno schema generale dei comportamenti dei bambini a rischio,partendo già dalla loro descrizione nel primo semestre di vita. Il primo strumento a dover essere preso in considerazione in neuropsichiatria, ma in qualsiasi altra scienza, resta sempre l’osservazione. Questa è consigliabile che avvenga alla presenza delle persone che interverranno, dal momento che l’osservazione di un filmato girato dalla famiglia del bambino potrebbe non riprendere con precisione alcuni particolari come la direzione dello sguardo. Nel testo vengono citati anche alcuni casi che il team di esperti ha avuto la possibilità di studiare da vicino. Tra gli esempi riportati viene citata anche la storia di una bambina che, con gli interventi adeguati, è riuscita a non acquisire questa sindrome; o ancora, l’episodio di una bambina a cui era stato diagnosticato l’autismo e che uno degli esperti aveva mentito tale diagnosi dimostrando che si trattava di un forte stato depressivo dovuto al trasferimento della famiglia in un’altra casa. Oltre gli esempi di storie vere vengono riportati anche dei giochi che i genitori dovrebbero fare con i loro figli. Il testo, scritto in forma molto fluida e scorrevole, fornisce, inoltre, ottimi punti di partenza per ulteriori ricerche. Tra gli argomenti più rilevanti da approfondire per le persone che lavorano con bambini autistici va ricordata la Check-list for Autism in Toddlers (Ch.A.T.). si tratta di un questionario da svolgere insieme ai genitori del bambino per individuare la presenza o meno del rischio di autismo e il grado di gravità in cui si trova il soggetto, anche se bisogna tener presente la soggettività di ogni individuo e quindi non attribuire un valore assoluto ai risultati del test. Un altro aspetto  rilevante è l’evitamento relazionale del bambino che viene descritto nelle sue caratteristiche più evidenti. Un concetto non trascurabile è senz’altro quello di “ sofferenza psichica del neonato” che rileva la necessità di tutelare il “diritto di cittadinanza alla sua vita psichica in quanto tale”. Viene poi messa in risalto l’importanza che la comunicazione paradossale può avere per analizzare come il bambino reagisce nel momento in cui si trova a dover interagire con altre persone. L’ elaborato, oltre ad essere un ottimo documento di approfondimento riguardante il rischio autistico, rappresenta il superamento dell’utopia della prevenzione che si trasforma in una vera e propria speranza di poter arrivare, attraverso la ricerca scientifica, ad un metodo pedagogico ben definito che miri alla risoluzione del problema prima che si presenti in maniera concreta e dunque più difficile da recuperare.

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Bibliografia
Delion P. (2004), Il bambino a rischio autistico, Pendragon, Bologna

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